L’attesissima approvazione delle nuove linee guida dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (ex Del. 390/24/CONS) sull’accessibilità dei Servizi di Interesse Generale (SIG) – e quindi sulla loro visibilità in mezzo a migliaia di contenuti simili – mira a restituire centralità ai canali radio e TV di (supposto) preminente rilievo pubblico (perché munite di autorizzazione e di testata giornalistica) nell’ecosistema digitale, ampliando senza le incertezze precedenti il vincolo di adeguamento anche all’automotive.
In attesa del testo regolamentare, gli operatori si interrogano, tra le altre cose, sulla concreta capacità di imporre liste uniformi agli aggregatori di flussi streaming, oggi mediatori di ultima istanza nell’accesso ai contenuti.
Sintesi
Agcom ha finalmente approvato le nuove linee guida sulla visibilità dei Servizi di Interesse Generale (SIG), espressione della Delibera 390/24/CONS, per garantire ai canali radio e TV autorizzati una posizione riconoscibile nei dispositivi digitali.
Le smart TV dovranno offrire link diretti ai flussi streaming delle principali reti tv lineari nazionali ed alla ricezione broadcast delle minori nazionali e locali, oltre a quelle radiofoniche, superando ed ampliando la generica icona Canali TV.
L’obbligo – come richiesto con insistenza su queste pagine nel corso dell’ultimo anno – si estende anche al comparto automobilistico, dove però gli aggregatori di streaming (TuneIn, MyTuner, Radioplayer, ecc.) rappresentano il principale nodo di applicazione.
Centrale sarà inoltre la creazione di un elenco unico dei SIG, che dovrà eliminare pratiche scorrette come l’uso di caratteri speciali nei nomi per scalare le liste alfabetiche.
La standardizzazione dei marchi e la priorità d’accesso genereranno però, inevitabilmente, nuove rendite di posizione, avvantaggiando le emittenti incluse rispetto a quelle escluse.
Il provvedimento è un passo decisivo verso il pluralismo digitale, ma la sua efficacia dipenderà dalla capacità di coinvolgere produttori, piattaforme ed aggregatori nella sua concreta attuazione.
Le nuove linee guida sulla visibilità
Con le nuove linee guida per l’applicazione delle previsioni della Delibera 390/24/CONS sulla cd. prominence dopo la consultazione pubblica avviata da Agcom a seguito dei ricorsi al TAR di produttori di sistemi per smart tv (Samsung e Google) e relativa associazione di categoria, l’Autorità ritenta di mettere ordine per evitare la definitiva polverizzazione dei Servizi di Interesse Generale (SIG), cioè le emittenti generaliste dotate di autorizzazione amministrativa e testata giornalistica annegate tra migliaia (decine di migliaia nel caso degli aggregatori di flussi streaming) di fornitori di contenuti.
La partita
In gioco c’è la sopravvivenza dei content provider italiani attraverso un recupero di visibilità (preminenza/prominence) dei media di interesse generale nei dispositivi connessi (smart TV, sistemi di infotainment automobilistici, smart speaker e app di aggregazione), che dovranno garantire un accesso diretto e riconoscibile alle principali emittenti nazionali e locali (caratterizzate da autorizzazione governativa e testata giornalistica iscritta al registro stampa del tribunale competente e come tale diretta da un giornalista).
Equilibrio competitivo
Una svolta che, almeno nelle intenzioni, punta a tutelare il pluralismo e l’equilibrio competitivo in un mercato dominato dalle piattaforme globali. Ma dietro le buone intenzioni si nasconde una complessità normativa e tecnica che rischia di limitare l’efficacia del provvedimento.
Oltre l’icona Canali Tv
Le nuove disposizioni approvate da Agcom segnano l’attesa discontinuità rispetto al passato. Non sarà più sufficiente, come accaduto finora, garantire l’icona generica Canali TV tra le app di una smart TV o di un set-top-box per consentire più facilmente agli utenti di individuare i SIG (fin qui quelli del digitale tv terrestre) nel mare dei loghi delle piattaforme nella home dei televisori.
Link diretti
D’ora in avanti dovranno comparire link diretti ai principali network nazionali (di primo e secondo livello) ed alle stazioni radiotelevisive locali, così da garantire al telespettatore un accesso immediato ai servizi lineari tradizionali, senza doverli cercare in mezzo alla galassia di app on demand.
La logica della visibilità
Un principio, quello della prominence, che risponde ad una logica chiara: evitare che, in un ambiente digitale dominato dalle piattaforme OTT (Over The Top), i contenuti lineari generalisti (pubblici e privati di dimensione nazionale e locale) vengano schiacciati dall’algoritmo della visibilità. Tuttavia, se la norma appare piuttosto chiara nel perimetro televisivo, le difficoltà aumentano man mano che si entra nel territorio più fluido della radio digitale e, in particolare, della veicolazione IP.
Il grigio mondo automobilistico
Nel mondo automobilistico, ad esempio, la ricezione dei flussi streaming radiofonici avviene ormai quasi sempre tramite un aggregatore integrato (o da integrare per evitare di cercare scomodamente tra le app proprietarie delle emittenti preferite) nel sistema di infotainment. E qui sorge il primo nodo: mentre per la ricezione via broadcast (FM o DAB+) la gestione compete direttamente all’industria automobilistica, per lo streaming la catena si allunga.
Collo di bottiglia
Il costruttore può, infatti, scegliere di preinstallare un aggregatore – come TuneIn, MyTuner, Radioplayer o FM World – ma il regolatore non può imporre quale utilizzare. Allo stesso tempo, la norma non può restare senza efficacia nei confronti dell’aggregatore stesso, che diventa il vero “collo di bottiglia” dell’intero sistema.
La partita più complicata
È su questo piano che si giocherà la partita più delicata. Perché, se le case automobilistiche potranno adeguare le interfacce creando shortcut o sezioni in evidenza dedicate ai SIG, nulla assicura che gli aggregatori adottino criteri di elencazione coerenti con le nuove linee guida. La loro logica resta commerciale e algoritmica, fondata su modelli di ranking e di suggerimento che poco hanno a che fare con la nozione di visibilità a servizi qualificati come di interesse pubblico.
Rischio di vanificazione del vincolo di visibilità
È dunque necessario che il regolamento preveda una forma di obbligo o di recepimento anche per questi soggetti, che altrimenti resterebbero fuori dal perimetro regolatorio. In caso contrario, il rischio è che il principio di visibilità resti confinato alle superfici dei dispositivi, lasciando intatto il potere di intermediazione di chi gestisce i flussi digitali.
Uniformazione degli elenchi SIG
Un altro fronte critico è quello dell’uniformazione dell’elenco SIG – attualmente non ancora reso disponibile da Agcom, anche perché probabilmente quello derivato dal primo popolamento del dicembre 2024 dovrà essere adeguato (avendo censito oltre 1100 canali aspiranti preminenti) -, che dovrà costituire il riferimento unico per i produttori e gli aggregatori.
L'(ab)uso di caratteri speciali
Su questo punto emerge una questione tanto curiosa quanto rilevante: molte emittenti, soprattutto radiofoniche, hanno adottato negli anni caratteri speciali nel nome – come #, *, o apostrofi – per scalare le liste alfabetiche e posizionarsi più in alto nelle interfacce. È una pratica purtroppo sempre più diffusa e profondamente distorsiva del mercato, che andrà risolta con decisione. Se la lista SIG dovrà essere unica e standardizzata, essa non potrà tollerare scorciatoie grafiche o simboliche. In altre parole, o il carattere speciale – per essere utilizzato lecitamente – dovrà diventare parte integrante del nome dell’emittente – con tutte le conseguenze editoriali e commerciali che ciò comporta – oppure dovrà essere eliminato.
Passaggio non solo formale
Questo passaggio non è solo formale. La definizione di un elenco uniforme e “pulito” avrà impatti diretti sul posizionamento delle stazioni nei sistemi infotainment e negli aggregatori. La visibilità, in un ambiente digitale, è tutto. Cambiare nome, anche solo per conformarsi alla norma, significa ridefinire il proprio brand, aggiornare loghi, metadati e riferimenti social. Ed è facile prevedere che la nuova gerarchia SIG scatenerà una corsa alla ridenominazione, nella speranza di trarne vantaggio competitivo.
Nuove rendite di posizione
È qui che il provvedimento, pur animato da un intento di equità e pluralismo, rischia di generare nuove rendite di posizione. Chi entra nella lista SIG (seppur aggiornata di anno in anno) godrà di una priorità strutturale, perché apparirà in evidenza su tutti i dispositivi regolamentati. Chi resta fuori, invece, dovrà faticare per essere trovato dall’utente. La visibilità non sarà più solo una questione di qualità editoriale o di fedeltà del pubblico, ma anche di conformità ad una logica normativa.
Competitività e gate
Inoltre, la concentrazione del mercato potrebbe accentuarsi: le grandi emittenti, dotate di risorse tecniche e legali, potranno adeguarsi rapidamente e negoziare con gli aggregatori; le più piccole rischiano di trovarsi spiazzate, soprattutto se la regolazione non offrirà meccanismi di supporto o di vigilanza.
Similitudine col passaggio dal DTT all’OTT
Si tratta, in fondo, della stessa dinamica già vista nel passaggio dal digitale terrestre alla piattaforma OTT: chi controlla la porta d’ingresso al contenuto, controlla il mercato.
Passo fondamentale per la visibilità, ma non definitivo
Le nuove linee guida sulla prominence dei SIG rappresentano dunque un passo fondamentale, ma non definitivo. Agcom ha posto un principio di grande rilevanza — quello della visibilità dei servizi di interesse generale — che finalmente riconosce il valore pubblico della radio e della televisione lineare anche nell’ecosistema IP. Tuttavia, senza un’azione coordinata che coinvolga aggregatori, produttori di tv, software e piattaforme, il rischio è che la norma resti parziale e difficilmente applicabile.
L’equilibrio delle esigenze contrapposte
La sfida sarà mantenere in equilibrio due esigenze apparentemente opposte: da un lato la tutela del pluralismo e del servizio pubblico, dall’altro la libertà di mercato e di innovazione tecnologica. In questo scenario, la vera forza della regolazione sarà la sua capacità di entrare nel merito tecnico delle interfacce e dei flussi, non solo nei principi generali.
Oltre l’apparenza
L’icona Canali TV che sparisce (rectius, si aggiorna e moltiplica) dalle smart TV non è dunque un dettaglio estetico, ma il simbolo di un cambiamento più profondo: quello di un ecosistema in cui l’accesso ai contenuti non è più scontato, ma va garantito, normato e difeso.
Chi elenca decide
Perché, come ha dimostrato la storia dei media, chi decide cosa appare per primo sullo schermo — o sul display dell’auto — decide in larga parte anche cosa esiste davvero agli occhi del pubblico.













































