Web. Calo del traffico dei siti per colpa della I.A. Effetti su pubblicità: come devono reagire editori? Quali i nuovi modelli di business?

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La rivoluzione dell’intelligenza artificiale generativa ed il conseguente calo del traffico organico da Google costringono l’editoria digitale (ed in particolare quella legata all’informazione) a reinventarsi.
Tra abbonamenti, licenze, video e community: ecco le nuove direttrici sostenibili perché i proventi della digital adv, almeno per come fin qui l’abbiamo conosciuta, da soli non potranno più bastare. Quantomeno se commisurati solo sul volume del traffico generato.

Sintesi

L’intelligenza artificiale generativa e il crollo del traffico organico da Google stanno costringendo l’editoria digitale a rivedere radicalmente il proprio modello di business.
Il sistema fondato sulla pubblicità legata ai click non è più sostenibile: gli editori devono puntare su abbonamenti, contenuti premium, licenze con le piattaforme A.I., video brevi, podcast, micropagamenti e relazioni dirette con le community.
Crescono i modelli basati su offerte editoriali percepite come indispensabili (come New York Times, Il Post, Domani), mentre gruppi come il tedesco Axel Springer siglano accordi con sviluppatori di intelligenze artificiali per fornire contenuti certificati su licenza.
In parallelo, la centralità dei siti web lascia spazio a formati nativi per social e mobile, come reels e shorts, spesso accompagnati da sintesi iniziali pensate per un pubblico abituato alla velocità.
In questo scenario, trovano spazio anche modelli partecipativi basati su crowdfunding e micropagamenti e si afferma la necessità di fare sistema attraverso alleanze editoriali e lobbying normativo, per contrastare l’asimmetria con le big tech. Infine, eventi, workshop e formazione rappresentano nuove opportunità di valore fuori dal digitale.
Il futuro dell’informazione passa da contenuti rilevanti, riconoscibilità del brand, diversificazione delle entrate e costruzione di comunità fedeli: non più solo banner, ma fiducia.

Lo stato del calo della ricerca organica (Search Engine Results Page)

Il drastico calo delle visite ai siti delle testate giornalistiche, causato dal nuovo paradigma delle risposte A.I. direttamente nelle SERP (Search Engine Results Page) di Google e Bing, impone un radicale ripensamento strutturale del modello editoriale. Gli editori non possono più contare su pubblicità legata ai click: devono trovare nuovi driver di valore e fidelizzazione. Di seguito tracciamo le strategie che stanno emergendo e le implicazioni per il mercato italiano e internazionale.

Abbonamenti e contenuti premium: il ritorno al valore percepito

Il modello dell’informazione gratuita finanziata dalla pubblicità sta mostrando la corda.
In un contesto in cui i banner rendono meno per via del calo generalizzato del traffico e dell’adozione di ad-blocker, le testate stanno riscoprendo la logica dell’abbonamento.

Non basta alzare un muro

Tuttavia, non basta alzare un muro: occorre costruire un’offerta percepita come indispensabile. Il New York Times ha superato i 10 milioni di abbonati puntando su contenuti verticali (cooking, wirecutter), personalizzazione, giochi e podcast.

Value proposition

La chiave è la value proposition: notizie affidabili, inchieste, ricerche verticali, analisi esclusive, retrospettive, servizi personalizzati. Anche in Italia, realtà come Domani, Internazionale o Il Post suggeriscono che un pubblico disposto a pagare c’è, ma va conquistato con qualità, trasparenza e identità.

Licenze e partnership con l’A.I.: trasformare la minaccia in opportunità

Con la crescente diffusione delle A.I. conversazionali (da ChatGPT a Gemini), le testate rischiano di vedere i propri contenuti usati per addestrare modelli che poi li sostituiscono nell’informare l’utente. Per questo, alcuni gruppi editoriali stanno già siglando accordi commerciali per fornire dati e contenuti su licenza.

L’esempio di Axel Springer: lavorare (anche) per addestrare la I.A. (ed essere pagati da essa)

Il gruppo tedesco Axel Springer (editore di Politico, Business Insider, Welt e Bild) ha raggiunto un’intesa con OpenAI per l’uso dei suoi articoli in cambio di un compenso annuo multimilionario. La prospettiva è quella di un’economia dell’informazione alimentata da data syndication: le testate diventano fornitori di contenuti certificati per chatbot, assistenti vocali e motori “di risposta”.

Marchi riconoscibili

Ma per farlo serve investire in standard strutturati, SEO semantico e marchi editoriali riconoscibili (già noti od nomen omen, cioè con denominazioni identificative del contenuto).

Diversificazione dei formati e delle piattaforme: la fine dell’articolo “a colonna”

La centralità del sito web come punto unico di accesso all’informazione è ormai superata. I nuovi lettori – in particolare le generazioni Z e Alpha – prediligono contenuti in formato video, brevi, interattivi, accessibili su mobile e fruibili direttamente sulle piattaforme.

Info in 60 secondi (video)

Questo spiega il successo editoriale, su TikTok, Instagram e YouTube, di profili giornalistici che raccontano in 60 secondi ciò che un tempo occupava una pagina intera della carta stampata.

Sintesi indispensabile

Certo, si tratta – all’evidenza – di un’informazione sommaria, lontana dagli approfondimenti tipici del giornalismo vecchia scuola, ma coerente con la necessità di gestire la crescente mole di informazione che ogni momento raggiunge ciascuno di noi e che impone critieri di sintesi.

Soddisfare sia chi non ha tempo ma anche chi vuole approfondimenti

Tanto che la maggior parte delle testate di informazione propone ormai articoli che presentano un riassunto iniziale in 20 righe, nella consapevolezza che la maggior parte dei lettori si fermerà lì, ma dando comunque la possibilità a chi vorrà approfondire il tema di trovare soddisfazione con la prosecuzione della lettura.

Reels & short

Anche le testate tradizionali stanno sperimentando. Sintesi a parte, Le Monde produce video in verticale per reels e shorts; La Repubblica lancia format podcast settimanali; Bloomberg costruisce strumenti interattivi per raccontare i dati. La sfida è duplice: presidiare l’ecosistema multi-piattaforma senza svendere la propria identità editoriale e monetizzare anche fuori dal proprio dominio.

Micropagamenti e crowdfunding: modelli etici e partecipativi

Per esempio, non tutti gli utenti sono disposti a sottoscrivere un abbonamento mensile, ma molti potrebbero accettare di pagare per la lettura di un singolo articolo o sostenere direttamente una testata in cui credono. In questo spazio si inseriscono i modelli di micropagamento (a partire da 0,20€ per contenuto) e di crowdfunding editoriale. Piattaforme come Steady, PressPatron o Buy Me a Coffee stanno facilitando questo approccio, valorizzando la dimensione della community.

Chi legge, sostiene

In Italia, Il Post ha costruito un modello virtuoso con abbonamenti “trasparenti”, mentre Valigia Blu vive quasi interamente del contributo dei suoi lettori. Non si tratta solo di denaro, ma di relazione: un lettore coinvolto è anche un ambasciatore del brand editoriale.

Advocacy normativa e alleanze: fare sistema contro le Big Tech

L’asimmetria tra piattaforme e editori non può essere affrontata solo con strumenti di mercato: servono interventi normativi e accordi collettivi. In Francia e in Australia, l’obbligo per Google e Meta di pagare gli editori per l’uso dei contenuti, ha aperto la strada a forme di compensazione. Anche l’UE, con la direttiva Copyright, prevede il diritto connesso per gli editori.

Lobbying

Ma l’efficacia di questi strumenti dipende dalla capacità delle testate di fare fronte comune, evitando concorrenza al ribasso e negoziare da una posizione di forza. Alleanze come European Media Alliance o News Media Alliance vanno in questa direzione. Un tema cruciale anche per l’Italia, dove l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni potrebbe rafforzare il suo ruolo di mediatore nelle relazioni tra tech e editoria.

Eventi, formazione, community: costruire valore fuori dal digitale

Un’altra leva di crescita sono le esperienze non digitali, che rafforzano il legame con i lettori e generano nuove entrate. Seminari, workshop, conferenze, tour redazionali e corsi online offrono contenuti ad alto valore aggiunto, monetizzabili in forme diverse: ticketing, sponsorizzazioni, merchandising.

The Atlantic, El País, Il Sole 24 Ore

Testate come The Atlantic e El País organizzano veri e propri festival dell’informazione, mentre Il Sole 24 Ore ha investito in corsi di formazione e master a pagamento. Si tratta di ripensare il giornalismo come esperienza culturale e relazionale, non solo come prodotto testuale.

Il giornalismo oltre il calo dei click

Il calo dell’affluenza sui siti editoriali, aggravato dalla centralità crescente dell’intelligenza artificiale, impone una revisione profonda del modello di business dell’editoria digitale. La strada non è unica, ma passa da un mix strategico: contenuti di valore, diversificazione delle entrate, relazioni dirette con il lettore, e un’alleanza attiva tra testate per tutelare il diritto alla remunerazione.

Non più banner, ma fiducia e rilevanza

Il futuro dell’informazione non sarà nei banner, ma nella capacità di creare fiducia, rilevanza e comunità. (G.M. per NL)

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