In un contesto di rilevazione degli ascolti ibrida (dichiarativa ed elettronica) – quale è la corrente Audiradio – e di pluralità distributiva dei contenuti lineari (FM, DAB+, DTT, sat, IP), la distintività di brand e di formati (che insieme definiscono il layout editoriale di una stazione) – e la loro tutela e protezione legale – sono presìdi concreti contro l’esplosione dell’offerta, che col progressivo doppio passaggio dal broadcast analogico a quello digitale e da quest’ultimo a quello broadband, moltiplica le sigle (230 radio via etere a Milano e Roma, oltre 100.000 stazioni lineari in streaming solo sull’aggregatore TuneIn).
L’urgenza strategica di blindare legalmente il proprio layout – e quindi la propria identità editoriale – a tutela sia del posizionamento commerciale che dell’innovazione editoriale conseguita, può, oggi, essere messa in discussione solo da chi non ha compreso l’evoluzione raggiunta dal mercato.
ID radiofonico presidio competitivo
Ora, che l’ID di un marchio/palinsesto (radiofonico o televisivo) non sia mai stata un’etichetta estetica, ma il perno identitario attraverso cui si articola l’intero valore editoriale, commerciale e legale di una stazione, non dovrebbe essere una novità.
La costruzione di un layout
Così come che la costruzione e la tutela di marchio e formato sono passaggi imprescindibili per realizzare un layout che garantisca la riconoscibilità e l’unicità editoriale della stazione, stabilizzando i rapporti economici e giuridici con inserzionisti, piattaforme e soggetti istituzionali.
Valorizzazione crossmediale
Basti ricordare che le principali operazioni di valorizzazione crossmediale – dalla distribuzione IP alla programmatic audio/video advertising attraverso le emergenti piattaforme Free ad-supported streaming television, come Samsung Tv Plus – richiedono la disponibilità di ID registrati per l’uso in ambienti terzi.
Senza marchio e format contenuti non valutati da piattaforme OTT
Senza un layout tutelabile – perché depositato e quindi accertato come originale ed innovativo e pertanto opponibile -, qualsiasi sinergia con piattaforme OTT non proseguirà, per il rischio di una responsabilità solidale del vettore (la piattaforma ospitante) con il fornitore di contenuti il cui brand e/o il format dovessero essere contestati da altri competitor.
Dopo la scelta ed il deposito, occorre vigilanza costante per protezione legale
Ma, evidentemente, non basta la primogenitura del layout.
Dopo la scelta ed il deposito di un marchio e di un formato, il fornitore di contenuti deve assicurarsi una vigilanza legale ampia, continua e specialistica, sullo sfruttamento di marchi, soprattutto per quelli “deboli” (NB: definizione giuridica che potrebbe determinare errati convincimenti sui margini di tutela, per la quale è opportuno affidarsi ad esperti).
Come fin qui fatto per le frequenze FM
La sorveglianza del mercato è infatti parte essenziale di una logica di protezione: impedire che il valore costruito nel tempo da una stazione venga diluito da soggetti che ne emulano sigla e/o contenuti, con effetti distorsivi sia sul piano editoriale che su quello commerciale. Esattamente come, negli ultimi 45 anni, è stato difeso nelle aule dei tribunali civili italiani, il “preuso” delle frequenze FM.
Il marchio quale parte del format
L’azione di controllo e protezione si inserisce in una più ampia tendenza a considerare il marchio non solo come distintivo grafico, ma soprattutto come asset da presidiare anche nelle sue declinazioni numeriche o foniche e, specialmente, nella sua integrazione di un format di cui spesso è espressione (in particolare nei casi di sigle nomen omen) nell’alveo del layout.
Scelta più consapevole degli ID
Un approccio che sta già portando ad una più attenta scelta (o alla revisione) delle denominazioni delle emittenti radiotelevisive e che costringe l’intero comparto ad un maggior rigore semantico.
La falsa alternativa tra contenuto e marchio
Sostenere che la priorità vada data ai contenuti perché la sigla ne è corollario è, del resto, una banale illusione dialettica. I due aspetti non sono in alternativa, ma interdipendenti. Un contenuto editoriale valido perde valore se non è rappresentato adeguatamente da un ID che possa intercettare il pubblico lungo un’offerta sempre più vasta, calata essenzialmente in elenchi che hanno precise regole di engagement, mentre un marchio potrà trovare fidelizzazione – e quindi memorizzazione sia nel device che nel ricordo di un’indagine basata ancora esclusivamente sul metodo CATI (come, allo stato, Audiradio) – solo se associato ad una formato editoriale coerente ed originale.
Innovazione singolarità
La forza di un prodotto radiofonico è data dalla sua capacità di essere riconosciuto e ricordato come brand associato ad una esperienza di ascolto univoca determinata da un format caratterizzato da innovazione e singolarità.
L’idea vincente e l’efficace protezione
La prima (la capacità identificativa) consegue alla forza dell’idea vincente, la seconda (la difesa dell’identità) discende da una efficace e continua protezione legale, cioè lo strumento che impedisce ad altri di appropriarsi (dell’idea) indebitamente.
(in)Consapevolezza della possibilità di tutelare il formato
Ignorare – o, peggio, essere inconsapevoli – che oggi il formato (e non solo il marchio) può essere tutelato, significa non solo non avere competenza giuridica, editoriale e visione strategica, ma spalancare le porte a fenomeni regressivi di quelli che sono ormai i più importanti asset patrimoniali di una stazione radiotelevisiva, che distribuisce i propri contenuti sempre più in modalità disintermediata dalle reti broadcast, esponendosi ad una concorrenza potenzialmente infinita.
Non un’ossessione, ma una strategia
In un mercato sempre più competitivo, proteggere legalmente il proprio layout (marchio + format) non è un’ossessione, ma una strategia. Chi non lo fa, rischia di trovarsi fuori dai giochi prima ancora di iniziare la partita.
I precedenti giurisprudenziali sulla tutela dei format depositati
La questione è, d’altra parte, sempre più spesso trattata dai giudici civili (a dimostrare l’importanza che sta assumendo sul piano giuridico). Tra le tante, evidenziamo una recente pronuncia del Tribunale di Roma (che approfondiremo compiutamente in separato articolo) sul tema della tutela del layout, che ha chiarito che “il format è tutelabile quale opera dell’ingegno protetta dal diritto d’autore quando presenti uno schema di programma, un canovaccio delineato nei suoi tratti essenziali, come risultante da una sintetica descrizione”.
Il marchio non tutela il format
Al contrario, secondo i giudici romani, non è tutelabile come opera dell’ingegno un contenuto esclusivamente ricondotto ad un marchio, cioè ad “una descrizione assolutamente generica e sommaria dei contenuti, senza previsione concreta dello svolgimento dello stesso con indicazione di una scaletta di programma tale da poter essere riprodotto in modo tale da mantenerne gli elementi caratteristici e distintivi”.
Unicum frutto di combinazione di due elementi
In breve, non è più e non solo il marchio a caratterizzare l’identità editoriale e commerciale di una stazione (semmai lo è stato, cosa di cui su queste pagine abbiamo sempre manifestato dubbi), ma il layout, cioè quell‘unicum contenutistico di cui il marchio è espressione.
Il rischio di far la fine dei canzonatori degli smart speaker e di Netflix
Insomma, un tema sempre più attuale su cui gli editori è bene che sviluppino approfondite riflessioni per non entrare a far parte del girone dei sottovalutatori dell’evoluzione mercato.
Come chi, cinque anni fa, canzonava coloro che, come noi, sottolineavano l’importanza dell’impiego degli smart speaker per l’ascolto della radio. Li ricordate?
Visionari dalla vista corta
Probabilmente no, anche perché sono caduti nell’oblio. Insieme a quelli che, nel 2010, ironizzavano sul fatto che mai Netflix avrebbe potuto soverchiare la tv lineare terrestre.
Chi guarderà mai la tv via internet?
“Chi guarderà mai la tv via internet?“, dicevano. Come è finita (sia per gli smart speaker che per Netflix) è nella storia.