James Cridland (futurologo della radio): spostamento dello switch-off FM vs DAB+/IP dei privati in Svizzera dopo il 31/12/2026? Penso che gli ottantenni non dovrebbero parlare del futuro della radio…
Le case automobilistiche stanno rendendo la radio più difficile da trovare. Questo è un errore, dal momento che è dimostrato che la radio è una delle cose più importanti in un’auto e che le persone non comprerebbero una vettura se non fosse equipaggiata di serie con un sintonizzatore. Però molte auto vengono ora prodotte in Cina, un paese in cui la radio non è così importante come in Europa.
È certamente una tendenza universale che la radio stia diventando sempre più multipiattaforma.
Sono finiti i giorni in cui ascoltavamo solo la FM, ora la radio è dappertutto, su diverse piattaforme. Ma il broadcast deve rimanere centrale (nell’interesse degli editori e degli utenti).
Sintesi
James Cridland, futurologo della radio, in un’intervista a Newslinet affronta le sfide e le opportunità del settore in un momento di profonda trasformazione. Parlando dello switch-off FM/DAB+ in Svizzera, Cridland sottolinea che il pubblico ha già deciso: l’83% degli ascolti è su DAB o IP, solo il 17% è analogico, rendendo superfluo prolungare i termini della transizione.
L’automotive, però, rappresenta una criticità crescente: le case costruttrici, soprattutto cinesi (dove c’è meno sensibilità sul punto), stanno rendendo la radio più difficile da trovare sui cruscotti; scelta che Cridland considera un errore.
Nondimeno, la radio resta uno degli elementi più richiesti dagli automobilisti e perciò deve ottenere una vera prominence nei sistemi digitali (Android Auto, Apple CarPlay, smart speaker, smart tv).
Sul fronte digitale, i dati mostrano che la fruizione IP resta minoritaria anche se in progressiva crescita (29% nel Regno Unito, 18% in Australia), mentre la radio broadcast mantiene la centralità, offrendo ascolto gratuito ed indipendente dalle piattaforme OTT.
Gli aggregatori diventano quindi cruciali: Cridland invita a non cedere il controllo a TuneIn, valorizzando soluzioni captive come Radioplayer, espressione diretta degli editori.
Rispetto all’intelligenza artificiale, lo studioso avverte: se l’A.I. viene usata per sostituire gli speaker, la radio rischia di perdere la sua essenza fatta di connessione umana e comunità. L’A.I. può essere un supporto, non il cuore del mezzo.
Infine, Cridland promuove lo sviluppo di contenuti on demand e le brand extension, esponendo casi rappresentativi: da BBC a RTL, passando per Absolute Radio, le cui stazioni verticali hanno ampliato il pubblico e rafforzato i ricavi.
La conclusione è chiara: la radio del futuro sarà sempre più multipiattaforma, ma il broadcast resterà il fondamento. Innovazione e pluralità di accesso dovranno però andare di pari passo con regole di prominence e con la tutela dell’esperienza umana che ha reso unica la radio.
Il momento particolare della radiofonia
E’ un momento molto particolare per la radio, tra sviluppo incessante della multipiattaforma, switch-off FM/DAB+ di alcune nazioni (Svizzera e prima ancora Norvegia), concorrenza delle piattaforme di streaming musicale, del podcasting, disintermediazione delle reti broadcast da parte dell’automotive ed invasione a tutto campo della I.A. e – in campo pubblicitario – delle big tech, attive soprattutto nell’ambito dei social media, del search e, ora, appunto, dell’intelligenza artificiale.
Per acquisire un autorevole parere su alcuni di questi temi incandescenti, Newslinet ha quindi chiesto un’intervista a James Cridland, noto futurologo della radio, cui abbiamo spesso dedicato attenzione su queste pagine.
L’intervista a James Cridland
(Newslinet) – Negli ultimi mesi, l’Italia ha guardato con interesse all’esperienza svizzera ed alla discussa opportunità di prorogare il termine per lo switch-off a livello di sistema oltre la scadenza fissata sul piano normativo al 31/12/2026. Gli analisti (e le forze politiche svizzere) sono divisi sulla questione: alcuni sostengono che rinviarlo ora causerebbe più danni che benefici (oltre a minare la credibilità del progetto).
(James Cridland) – Il dibattito è alimentato essenzialmente da un operatore radiofonico degli anni ’70, Roger Schawinski. Che dire? Penso che gli ottantenni non dovrebbero parlare del futuro della radio…
Di che parliamo visto che in Svizzera la radio FM pesa il 17% ?
In ogni caso, il dibattito è già concluso: in Svizzera solo il 17% dell’ascolto radiofonico avviene in modalità analogica (AM/FM), mentre l’83% della fruizione è DAB o IP. Nel 2015 era 50/50: quindi il panorama è cambiato rapidamente. Il pubblico svizzero ha preso la decisione: non ascolta più su AM/FM. Non c’è bisogno di alcun confronto ulteriore…
L’esperienza norvegese e quella inglese
D’altro canto, i norvegesi hanno disattivato la FM senza apparenti effetti negativi e nel Regno Unito solo il 26% di tutti gli ascolti avviene su AM/FM (il 42% su DAB). È improbabile che gli svizzeri siano diversi.
Futuro IP centrico?
(NL) – Siamo onesti, James: la radiodiffusione ha davvero un futuro, considerando che l’industria automobilistica sta centralizzando lo streaming sui cruscotti, gli utenti utilizzano il 30% dei GB disponibili nei propri piani dati e il 5G si sta diffondendo più velocemente del DAB+?
(James Cridland) – Nel Regno Unito, che è uno dei mercati dei media più avanzati al mondo, solo il 29% dell’ascolto della radio avviene online. Il 18% del 29% dell’ascolto avviene attraverso smart speaker (che è presumibilmente a casa), tra l’altro. In Australia, solo il 18% dell’ascolto radiofonico è IP e lo smartphone rappresenta solo l’8% di tutta la fruizione radiofonica.
La scatola con l’antenna
La verità è che la stragrande maggioranza dell’ascolto radiofonico avviene utilizzando la radio broadcast: attraverso un altoparlante in una scatola ed un’antenna su di essa. L’ascolto è gratuito e non lega allo smartphone durante l’ascolto.
E’ cosa buona essere soli
Per le stazioni radio questa è una buona cosa: via etere, non ci sono Spotify, YouTube Music, Deezer, Apple Music. È la piattaforma che le emittenti controllano direttamente e quella che le persone scelgono in modo predominante per ascoltarla.
Prominence
(NL) – Un altro argomento di discussione è la regolamentazione delle misure di prominence per garantire la sopravvivenza della radio sui dispositivi connessi (smart TV, smart speaker, Android Auto, Apple CarPlay, ecc.). La radio appare sempre più marginale sui cruscotti delle auto, stretta tra OTT ed OEM…
(James Cridland) – E’ vero: le case automobilistiche stanno rendendo la radio più difficile da trovare.
Errore di valutazione dei costruttori
Ma ciò è un errore, dal momento che è dimostrato che la radio è uno degli elementi che non possono mancare in un’auto e che le persone non comprerebbero una vettura se non fosse equipaggiata di serie con un sintonizzatore radio.
Car user experience
I consumatori vogliono che la radio sia facile da trovare e da usare sulla loro auto. Penso che sempre più spesso vedremo l’automotive adattare la user experience radiofonica, riportandola come era una volta.
Cina meno radiofonica
Però non dobbiamo nemmeno dimenticare che molte auto vengono ora prodotte in Cina, un paese in cui la radio non è così importante o, quantomeno, non lo è come in Europa. È importante che l’industria radiofonica e gli automobilisti siano espliciti nel pretendere che il ricevitore radio [broadcast] sulle quattro ruote sia preservato.
Il dominio di TuneIn
(NL) – Si parla troppo poco di aggregatori: eppure il futuro della radio sulle auto connesse non può che dipendere da loro. Non ti sembra che Radioplayer (l’aggregatore degli editori) sia troppo debole rispetto all’universale TuneIn, unico collettore di streaming radiofonici che risponde ai comandi vocali di Google ed Apple senza query complesse?
(James Cridland) – Non condivido del tutto l’impostazione della domanda: i comandi vocali di Google possono ricevere risposta anche da altri aggregatori…
I test
Prova con: “Ehi, Google, ascolta BBC World Service” e vedrai (su un dispositivo Google con uno schermo) che il contenuto verrà riprodotto [senza mediazioni di Tunein] tramite la BBC. Poi testa anche: “Hey, Google, ascolta Triple M Brisbane” e probabilmente lo streaming verrà riprodotto utilizzando Radioapp, l’equivalente di Radioplayer in Australia. E ancora, tenta con la query: “Siri, ascolta ABC Radio Brisbane”. All’invocazione comparirà il comando per aprire l’app ABC Listen sul telefono…
Vogliamo consegnare le armi a TuneIn?
Dipende davvero se noi (come industria radiofonica) vogliamo consegnare il controllo completo del settore a TuneIn, una società che è finanziata da venture capitalist americani che non si preoccupano dell’industria radiofonica o dell’Europa.
L’esperienza di RadioPlayer
Radioplayer, che è di proprietà di emittenti radiofoniche e si trova in molti paesi diversi in tutto il mondo, sta lavorando con le case automobilistiche e gli smart speaker per garantire che la radio abbia il controllo del modo in cui le persone ne fruiscono. Sono certamente più potenti di un singolo paese e di una sola emittente [per quanto importante possa essere].
La prominence inglese
Inoltre, in alcuni paesi, in particolare nel Regno Unito, il regolatore stabilisce che gli smart speaker debbano riprodurre tutte le stazioni radio autorizzate formalmente con provvedimento amministrativo inglese. Questa è una misura [di prominence] che dovrebbe essere imitata da altri paesi europei.
La scomparsa dei ricevitori stand-alone
(NL) – I ricevitori AM/FM sono scomparsi dalle case, mentre quelli DAB (stand-alone) praticamente non hanno mai avuto una reale presenza sul mercato. In Italia l’ascolto si divide tra DTT (televisione digitale terrestre, fortemente dominata dalla visual radio), smartphone, smart speaker e (a debita distanza) smart TV. È una tendenza universale?
(James Cridland) – È certamente una tendenza universale che la radio stia diventando sempre più multipiattaforma. Sono finiti i giorni in cui ascoltavamo solo la FM, ora la radio è dappertutto, su diverse piattaforme.
Radio broadcast fondamento
Il futuro della radio è multidevice: ma con la radio broadcast come elemento fondamentale. Tutti i dati di ascolto provenienti da diversi mercati radiofonici mostrano che la radio è ancora abbastanza forte, ma che è anche ascoltata utilizzando dispositivi eterogenei. E anche questa è una buona cosa.
I.A.
(NL) – Parliamo di intelligenza artificiale. Qui la frattura è tra speaker ed editori. I conduttori vedono nell’A.I. come la loro rovina, i broadcaster un’opportunità per ridurre i costi…
Occhio a non scavarsi la fossa
(James Cridland) – Ciò che rende speciale la radio è una connessione umana e un’esperienza condivisa. L’intelligenza artificiale non offre né l’uno né l’altro. Se un editore ha intenzione di sostituire gli esseri umani sulla propria stazione radio con voci A.I., farebbe bene a chiedersi se quello che sta facendo preserverà il futuro del mezzo [e quindi il suo].
On demand
(NL) – On-demand: perché gli editori sono riluttanti a produrre contenuti per l’ascolto in differita? Le offerte di catch-up e podcast sono piuttosto limitate…
(James Cridland) – In parte questo potrebbe essere spiegato dalla difficoltà dei diritti musicali per l’on demand e col fatto che molte stazioni radio non producono una programmazione di buona qualità per l’ascolto differito (perché dovresti ascoltare dieci canzoni in sequenza on-demand?!)
Il problema non è se fare produzioni on demand, ma come
Ma quelle stazioni che si sono concentrate sulla produzione di una programmazione di qualità basata sul parlato – anche all’interno di una stazione musicale – hanno ottenuto buoni risultati con le offerte on-demand. Ciò è avvenuto in molti paesi, non ultimi Stati Uniti, Regno Unito e Australia.
Brand Bouquet
(NL) – Brand bouquet: cosa è andato storto con le app con centinaia di stazioni radio tematiche associate a quella principale? Pochi ascoltatori li sfruttano, preferendo le opzioni delle piattaforme OTT....
(James Cridland) – L’analisi di Newslinet sulla questione si concentra su aspetti specifici italiani, che non conosco sufficientemente per entrare in un esame di merito.
Estensioni di brand
Tuttavia, quello che posso dire è che dove le compagnie radiofoniche hanno aggiunto brand extension – per esempio nel caso di Absolute Radio – che ha integrato stazioni verticali come Absolute 80s, Absolute 70s, ecc. – l’effetto finale è stato di un aumento consistente del pubblico da ambo le parti [cioè sul brand principale che derivati].
Processo virtuoso
Il risultato è che gli inserzionisti del brand radiofonico possono raggiungere più persone e più spesso. Questo è un bene per le emittenti e per gli inserzionisti.
Il caso BBC
Che le brand extension siano particolarmente importanti per le emittenti è dimostrato dal fatto che la BBC ne ha appena lanciate tre nel Regno Unito: due estensioni del marchio aggiuntive per la stazione top 40 BBC Radio 1 ed una stazione di musica classica integrativa di BBC Radio 3.
… e quello RTL (in Germania)
So anche che le stazioni aggiuntive di RTL a Berlino hanno ottenuto grandi benefici in termini di entrate pubblicitarie e di fidelizzazione degli ascoltatori all’interno del brand, evitando di regalarli alla concorrenza. Insomma: la natura multipiattaforma della radio offre ora una scelta ramificata. Per una emittente radiofonica, sarebbe follia non usarla. (M.L. per NL)