La regolamentazione Agcom sulla prominence dei Servizi di Interesse Generale resta ferma, mentre le smart TV consolidano standard di accesso che privilegiano le piattaforme OTT.
Navigazione ad icone, home page cross-platform e tasti dedicati spostano il baricentro della fruizione video.
Il DTT scivola in secondo piano, relegato ad un’icona poco visibile e difficilmente accessibile, con gli utenti che ormai dimenticano gli LCN fuori dai canali primari (i primi 7, 8 numeri).
Per i broadcaster la sfida diventa culturale e tecnologica: reinventarsi o perdere rilevanza.
Sintesi
In Italia l’applicazione della delibera Agcom 390/24/CONS sulla prominence dei SIG è ancora sospesa, ma il mercato delle smart TV invece corre veloce.
I televisori connessi, ormai primi device di fruizione di contenuti dopo gli smartphone, aprono su home page popolate da icone e contenuti cross-platform, penalizzando i canali lineari.
L’icona Canali TV, neutra e poco visibile, non compete con i loghi colorati delle piattaforme OTT, mentre i telecomandi con tasti rapidi per Netflix, Prime, Disney, YouTube, rendono più immediato passare da un servizio on demand ad un altro che tornare al DTT.
Le big tech, intanto, sperimentano modelli ibridi e bundle (FAST, integrazioni cross-content) che ampliano la loro offerta e l’attrattiva pubblicitaria.
In UK, Germania e Francia le authority sono in avanzato stato di introduzione di norme per tutelare la “discoverability” dei servizi pubblici, mentre in Italia la consultazione pubblica dopo la ricezione di oltre 1150 istanze di SIG (o presunti tali) per il primo popolamento dell’elenco previsto dalla Del. 390/24/CONS ed i ricorsi (avversi alle Linee Guida) dei produttori di dispositivi, è ancora in corso.
Senza interventi rapidi, la TV lineare rischia di perdere centralità ed appeal commerciale, in un contesto dove “ciò che non si vede, non esiste”.
La stalla ed i buoi
In Italia l’applicazione della delibera 390/24/CONS Agcom sulla prominence dei Servizi di Interesse Generale (SIG) è ancora ferma. Nel frattempo, però, il mercato delle smart TV – ormai device predominante per la fruizione video – sta cambiando radicalmente le abitudini degli utenti: navigazione ad icone, contenuti proposti direttamente in home page e tasti dedicati alle OTT. Un modello che marginalizza i canali lineari e spinge le big tech a sperimentare logiche di bundle e di integrazione multipiattaforma.
Regolazione in stand by: un vuoto che pesa sempre di più
La delibera 390/24/CONS dell’Agcom aveva aperto, nel 2024, un percorso ambizioso: garantire la prominenza di radio e TV lineari nelle nuove interfacce digitali, dalle smart TV agli aggregatori di flussi streaming, dagli smart speaker ai sistemi automotive (per quanto riguarda la radio). Obiettivo: assicurare accessibilità immediata ai SIG, in analogia con il diritto ad una “corsia preferenziale” già riconosciuto ai servizi pubblici in altri mercati europei.
1163 SIG
A distanza di un anno, però, il processo è bloccato. Dopo la pioggia di richieste pervenute per il primo popolamento dell’elenco SIG (1163 istanze di servizi di interesse generale o asseriti tali presentate entro il termine iniziale del 14/12/2024), l’Autorità ha deciso di avviare una nuova consultazione, congelando di fatto l’implementazione della prominence.
L’ambiente domestico
Nel frattempo, però, la tecnologia non aspetta: le smart TV, – i dispositivi digitali domestici più utilizzati (insieme agli smartphone) – si sono già imposti come porta d’accesso primaria ai contenuti video, consolidando standard di fatto che rischiano di rendere tardiva qualsiasi regolamentazione di diritto.
Smart TV come hub prevalente: la centralità del device
Nel 2025 le smart TV hanno superato i televisori tradizionali in Italia come primo device di fruizione video; fenomeno che non riguarda solo la sostituzione tecnologica dell’hardware, ma la trasformazione radicale delle modalità d’uso.
Le nuove modalità d’uso
La user experience (UX) infatti subisce le scelte di produttori di televisori e piattaforme OTT, consolidando le abitudini degli utenti che utilizzano ormai diversamente il telecomando. Le nuove Smart TV si aprono infatti direttamente sulla home page e non più sull’ultimo canale DTT sintonizzato.
UX smart tv simile a quelle di smartphone e pc
La consultazione dei contenuti, pertanto, avviene sempre di più tramite icone governate attraverso il mouse del telecomando (le frecce ed il tasto ok), con una UX vicina a quella dello smartphone e del pc.
Cross-platform
Ma la vera innovazione (ampiamente prevista da questo periodico che l’aveva ipotizzata come futuro standard già nel 2021) è la sottoposizione all’utente nella home page di un catalogo cross-platform, proponendo i titoli più visti dagli altri utenti del sistema operativo installato (Samsung, LG, Android, Vidaa). Per gli utenti, la TV è pertanto ormai un hub digitale universale, dove la distinzione tra broadcast e OTT si annulla.
La logica del contenuto singolo: “dal titolo alla visione”
“Le interfacce più moderne ed innovative delle smart TV non promuovono più la piattaforma (es. Netflix, Disney+, Prime), ma il singolo contenuto, in una logica cross-platform. In home page compaiono immagini, trailer e teaser dei titoli più accattivanti, selezionati con algoritmi di raccomandazione che mescolano preferenze personali e strategie commerciali”, osserva Giovanni Madaro, ceo di Media Progress, società di analisi strategica (gruppo Consultmedia).
One click
“Così, un utente può avviare con un solo click un film o una serie quasi senza accorgersi di quale piattaforma stia utilizzando. Questo approccio, che privilegia il contenuto rispetto al brand distributivo, rappresenta un cambio di paradigma che penalizza fortemente i canali lineari, ancora organizzati per rigidi palinsesti e non per titoli autonomi”, osserva Madaro.
Canali TV: un’icona marginale
L’icona standard “Canali TV”, introdotta grazie al tavolo tecnico ex delibera 390/24/CONS, doveva rappresentare il baluardo di accessibilità per il DTT. Tuttavia, nella pratica, essa risulta poco competitiva, posizionata in basso, nella barra di servizio, lontano dallo “sguardo naturale” dell’utente, con una grafica neutra, spesso monocromatica e non “brandizzata”, poco valorizzata rispetto ai loghi iconici e colorati di Netflix, Prime, Disney, YouTube.
Salienza visiva
È un problema non solo estetico, ma cognitivo: la “salienza visiva” dell’icona Canali TV è minima e nella short attention economy la percezione immediata fa la differenza.
Il paradosso del telecomando: più facile passare da OTT a OTT che tornare al DTT
I nuovi telecomandi sono dotati di tasti rapidi dedicati a Netflix, Prime Video, Disney+, YouTube. Il passaggio tra piattaforme OTT avviene così in un istante. Al contrario, accedere a un canale lineare richiede diversi step: aprire l’icona Canali TV, entrare nel menu del DTT, scorrere la lista numerica (LCN, logical channel numbering).
Un processo più lungo e complesso che, per l’utente medio, equivale ad un deterrente.
Nuova modalità di zapping
Il risultato? È più semplice fare zapping tra piattaforme OTT che tra canali tradizionali, ribaltando la logica che ha governato la TV per decenni.
Broadcast vs OTT: competizione impari
“I broadcaster si trovano a competere con un ecosistema OTT che ha fatto dell’usabilità immediata e della centralità grafica la propria forza. Non solo: le piattaforme sfruttano logiche di integrazione multipiattaforma sempre più avanzate”, interviene nuovamente Madaro.
Prime Video ed Apple Tv
“Prime Video integra Apple TV e MGM+ come canali opzionali, creando un “abbonamento nell’abbonamento”, mentre Disney+ sperimenta bundle con ESPN e Hulu negli Stati Uniti, trasformando la propria offerta in un pacchetto all-in-one.
Ad-tier
Per parte propria, Netflix amplia il proprio ecosistema con videogiochi, contenuti live (es. WWE, NFL Christmas Day) ed un ad-tier (gli abbonamenti ridotti perché sostenuti dalla pubblicità nei programmi, ndr) sempre più performante. I broadcaster, al contrario, restano confinati nel perimetro del palinsesto lineare, senza la stessa capacità di espansione cross-platform o cross-content.
FAST e modelli ibridi: la linearità rinasce nelle OTT
Un ulteriore segnale arriva dall’esplosione dei canali FAST (Free Ad-supported Streaming Television), che stanno ridefinendo la linearità in chiave digitale. I FAST offrono canali tematici gratuiti, distribuiti direttamente sulle smart TV, con modelli di monetizzazione pubblicitaria addressable e dinamica.
Linearità da riadattare
Si tratta di una ulteriore dimostrazione che la linearità non è superata in sé, ma che può essere riadattata secondo logiche OTT. Così, paradossalmente, mentre i broadcaster tradizionali faticano a difendere i propri canali nel DTT, le big tech rilanciano la TV lineare dentro i propri ecosistemi digitali.
Italia vs estero: modelli a confronto
La lentezza italiana contrasta con quanto accade in altri Paesi. In UK Ofcom ha già avviato processi regolatori per garantire la discoverability dei PSB (Public Broadcasting Services) sulle interfacce connesse, mentre in Germania il Trattato interstatale sui media (Medienstaatsvertrag) stabilisce principi chiari di parità di accesso per i servizi di interesse generale. In Francia Arcom (Autorité de régulation de la communication audiovisuelle et numérique, equivalente della nostra Agcom) discute la prominence come parte della riassegnazione dello spettro dopo il 2030.
Implicazioni per l’advertising
Ma il tema della prominence non riguarda solo la visibilità, ma anche il mercato pubblicitario. Le piattaforme OTT intercettano sempre più investimenti adv locali grazie a piattaforme self-service: emblematico il caso di Mediaset che, con AdManager, ha iniziato a vendere pubblicità addressable anche ad inserzionisti territoriali, replicando modelli realizzati da “Google Ads per la TV”.
Perdita di appeal commerciale
La marginalizzazione dei canali lineari rischia pertanto di tradursi seriamente in una perdita di appeal per gli inserzionisti, con conseguente spostamento di budget verso piattaforme più misurabili, targettizzabili e soprattutto frequentate e metabolizzate dall’utenza.
Prominence come questione di sopravvivenza
“Il cuore della questione è semplice: ciò che non si vede, non esiste. Se i broadcaster italiani non riusciranno ad ottenere l’applicazione rapida di una regolamentazione efficace sulla prominence – o a sviluppare soluzioni innovative di distribuzione multipiattaforma di immediata fruizione – la TV lineare rischia di perdere progressivamente rilevanza”, commenta sul punto il ceo di Media Progress.
Sfida culturale e grammatica dell’accesso
“La sfida non è solo tecnologica, ma culturale: occorre ripensare la “grammatica” dell’accesso per riportare i canali TV al centro dell’esperienza televisiva. Intanto, però, le OTT consolidano il loro primato, trasformando le smart TV in ecosistemi dominati dal contenuto a richiesta e dal bundle multipiattaforma. Un terreno di gioco su cui, oggi, i broadcaster partono nettamente svantaggiati“. Conclude il manager (E.G. per NL)